N.7
25 settembre 2023 – Eleonora Corradi
Il disastro del Vajont: 60 anni di memoria
Il 9 ottobre del 1963 è una data scolpita nella memoria degli italiani: in quel tragico giorno, infatti, si verificò il disastro del Vajont, uno degli eventi più devastanti della storia dell’Italia. Mostre fotografiche, manifestazioni e cerimonie commemorative sono state organizzate per il sessantesimo anniversario.
Il progetto del Grande Vajont.
Il fiume Vajont nasce in Friuli-Venezia Giulia, una regione del nord-est d’Italia, scorre nella valle omonima e confluisce nel fiume Piave in Veneto, vicino a Longarone.
L’idea di sfruttare questa valle come bacino idroelettrico risale al 1800 e il suo interesse era legato alla possibilità di creare una enorme riserva d’acqua che potesse produrre energia elettrica sufficiente per tutta l’Italia nordorientale. Il progetto venne avviato alla fine degli anni Cinquanta, nel periodo del boom economico. La costruzione della diga artificiale iniziò nel 1956 e l’inaugurazione avvenne nel 1959. Questa diga, alta 262 metri, era all’epoca la più grande d’Europa e fu considerata un’opera ingegneristica di mirabolante portata.
Il disastro del Vajont.
Purtroppo, pochi anni dopo si verificò il disastro: la caduta di forti piogge saturò il terreno circostante la diga, rendendolo instabile, e il 9 ottobre 1963 una massa di roccia, terra e alberi di volume pari a 270 milioni di metri cubi, si staccò dal Monte Toc e precipitò nel bacino pieno d’acqua.
Questo evento scatenò una catena di reazioni devastanti: l’immenso volume d’acqua del lago artificiale venne sollevato e generò un’onda anomala che scavalcò la diga con potenza inaudita. L’onda, alta oltre 250 metri, si abbatté furiosamente sulle comunità sottostanti, travolgendo tutto ciò che trovava sulla sua strada, in meno di 3 minuti. Si calcola che l’intensità dell’onda d’urto legata allo spostamento d’aria fosse doppia di quella provocata da una bomba atomica.
Il bilancio fu spaventoso. Persero la vita oltre 1900 persone, inghiottite dall’acqua e dalle macerie. Il paese di Longarone e le sue frazioni furono letteralmente spazzati via. Interi villaggi vennero ridotti a macerie e rovine.
Ironia della sorte: la diga rimase in piedi.
Le controversie.
Le decisioni prese durante progettazione e costruzione della diga furono oggetto di numerose controversie.
La zona dove fu costruita la diga, era dichiarata geologicamente instabile data la sua predisposizione a frane e fenomeni sismici. L’entità dei rischi geologici non è forse stata valutata con sufficiente attenzione e la costruzione della diga è stata completata senza prendere misure preventive adeguate.
L’adozione di misure di sicurezza è stata probabilmente ritardata anche dalla confusione relativa a quale ente statale dovesse assumersene la responsabilità.
L’evacuazione non è stata sufficientemente tempestiva: si dice che alcune autorità locali e anche la società responsabile della diga abbiano esitato a evacuare le comunità a valle, anche quando ormai erano chiare le condizioni precarie della diga.
Indagini, processi e vicende giudiziarie si conclusero nel 2000: le cause della tragedia vennero attribuite a progettisti e dirigenti della società di costruzione.
Vajont: un caso di studio internazionale.
Nel 2008, dichiarato dall’ONU “Anno Internazionale del Pianeta Terra” e dedicato a sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi ambientali e geologici, il disastro del Vajont è stato citato in diverse occasioni come disastro naturale che poteva essere evitato.
In seguito, è diventato uno dei casi di studio più discussi in tutto il mondo come esempio di ingegneria carente e mancata valutazione dei rischi geologici, sottolineando l’importanza di una attenta valutazione dell’ambiente naturale nelle decisioni di ingegneria civile.
Il Vajont nei libri e nei film.
Numerosi autori hanno dedicato le loro opere al disastro del Vajont.
Ricordiamo “Il racconto del Vajont” di Marco Paolini: nato come monologo teatrale, poi sviluppato in libro, in esso l’autore ricostruisce in prima persona eventi, discorsi e storie delle persone coinvolte, basandosi sui fatti riportati nel reportage della giornalista Tina Merlin, “Sulla pelle viva”.
La Merlin ha indagato a lungo su questa vicenda, studiando documenti e intervistando i superstiti, rivelando la fitta rete di connessioni politiche e arrivando a definire con chiarezza cause e responsabili del cataclisma.
Francesco Niccolini ha disegnato una storia a fumetti che mostra i volti (immaginari e non) dei personaggi coinvolti.
Fra i film ricordiamo “Vajont – la diga del disonore” di Renzo Martinelli (disponibile su AppleTV e Google Play), vincitore di vari premi, disponibile in forma integrale in italiano su YouTube.
LO SAPEVATE?
Il museo dedicato alle vittime del disastro del Vajont include oggetti comuni devastati dall’onda, fra essi anche degli orologi da polso, ritrovati fra il fango e le macerie, tutti fermi sulla stessa ora: 22:39. Ecco perché conosciamo con esattezza il momento della tragedia.
PAROLE DIFFICILI
Il bacino: cavità naturale o artificiale dove si raccolgono acque piovane o incanalate (natural or artificial cavity where rainwater or channeled water is collected).
La diga del Vajont creò un bacino artificiale.
L’affluente: fiume secondario che si getta in uno maggiore (tributary river flowing into a major one).
Il Vajont è un affluente del Piave.
La frana: caduta naturale di enormi masse di terra e rocce (natural fall of huge masses of dirt and rocks).
Un’enorme frana si staccò dal monte Toc.
Le macerie: accumulo di rovine di edifici crollati o abbattuti (accumulation of ruins of collapsed or demolished buildings).
I villaggi furono ridotti in macerie.
